LA DEPOSIZIONE NEL SEPOLCRO
di Antonio Brilla – (Savona 1813 – 1891)
dimensioni: m. 2,25 x 2,40 x 1,85
numero portatori: 22
Confraternita di S. Domenico (Cristo Risorto)
L’opera fu scolpita nel 1866 e in quello stesso anno portata per la prima volta in processione in sostituzione di una cassa più antica con il solo Cristo morto, andata perduta.
Il gruppo – il più pesante di tutta la sfilata (circa 18 q.li) e ‘portato’ contemporaneamente da 22 persone – si compone di sei personaggi, tre ritratti in piedi (Nicodemo, la Maddalena e la Madonna), mentre S. Giovanni e Giuseppe d’Arimatea sono reclini sul corpo del Cristo, la cui morte è resa evidente dal colorito verdastro.
Il Brilla sembra qui bloccare l’istante che segue la Deposizione dalla Croce eseguita dal Martinengo assestando le figure, là disposte secondo uno schema piramidale, nella struttura a semicerchio che ne equilibra le masse.
E’ stata restaurata nell’anno 2004.
Approfondimento di Don Giovanni Margara
____
Gesù viene deposto in un sepolcro; viene sottratto alla vista e al contatto con le persone più care; viene sigillato nel buio di una tomba, definitivamente lontano da coloro che lo amano.
Eppure, in questa scena di morte, l’Evangelista ci dà dei segnali che parlano di vita.
Per esempio, gli aromi portati in smodata quantità da Nicodemo (una mistura di aloe e mirra) secondo la tradizione biblica, venivano usati ungere il corpo del Re nel giorno delle sue nozze. E con gli stessi unguenti si preparava la sposa e si profumava la stanza nuziale.
I lenzuoli in cui Gesù viene avvolto, a differenza delle bende che fasciavano il corpo del suo amico Lazzaro, vogliono indicare proprio il letto nuziale del Sovrano.
E’ un’immagine di serenità innestata su una scena di morte: annuncia la vita che trionferà sulla morte.